“I figli non sono figli nostri”
Comincia così una splendida lettera in cui si esortano i genitori a lasciare andare i propri figli, a fare in modo che possano vivere la loro vita senza impedimenti, senza che le mamme ed i papà intralcino il cammino con ansie e preoccupazioni.
Chi è mamma lo sa, vorresti evitare alla tua bambina anche il singhiozzo, perché ami quell’esserino più di ogni altra cosa e il desiderio di proteggerlo va oltre qualunque logicità.
È facile, a parole, “lasciare andare” tua figlia.
Tu vorresti che avesse una vita fantastica, senza sofferenze, senza dolori con soli successi e soddisfazioni.
Cerchi di farle fare ciò che vuole, se è sua ambizione studiare tu farai di tutto per farla studiare. Se vuole lavorare tu soffrirai con lei finché non troverà lavoro.
Ma poi capita anche che un giorno la tua bambina di 23 anni ti dica di stare partendo per una spedizione volontaria con un’associazione benefica e di stare andando in Kenya ad aiutare dei ragazzini in uno dei tanti villaggi del paese.
I mesi passano.
Non puoi sentirla tutti i giorni, ti accontenti anche di una telefonata una volta a settimana però sapere che è serena ti fa star bene e ti dà pace al cuore.
Tu, mamma, forse non eri proprio d’accordo che partisse.
Sono zone pericolose, non sai mai cosa può succedere lì. Hai pensato…
Ma in silenzio e con la preoccupazione in gola, hai detto sì.
“Sì se è questo che ti rende felice, figlia mia”.
Le cose vanno bene, procede tutto in maniera tranquilla.
Poi invece succede che ricevi una telefonata dalla Farnesina.
La Farnesina?
Cosa vuole la Farnesina?
E lì senti la notizia che mai vorresti ascoltare nella vita.
Il presagio peggiore, quel pensiero recondito che ti aveva sfiorato, e che ora è diventato realtà.
“Sua figlia è stata rapita”.
Lo sconforto. La disperazione. Il grido di dolore più acuto che una voce possa emettere.
Trascorrono 18 mesi così.
18 lunghissimi mesi in cui non sai niente di quel batuffolo che hai cresciuto ed amato per 24 anni, a cui hai cambiato i pannolini, insegnato a camminare, a parlare, a pensare da sé.
Rivedi le foto e ci sei tu e lei. In una vi baciate, in una sorridete, in un’altra vi abbracciate.
E l’urlo che ti assale e ti fa gridare che non eri con lei quel maledetto 20 novembre del 2018, quando l’hanno rapita. E il senso di colpa dell’averle permesso di partire. Il non esserti imposta affinché non partisse.
Non hai potuto salvarla, metterti tra loro e lei affinché prendessero te.
No, tua figlia era sola. E sola è rimasta per tutti questi 18 mesi.
Non nasconderlo, mamma, hai pensato le più brutte cose, hai anche immaginato di non rivederla mai più. E come biasimarti.
Invece poi, una mattina scopri che al posto di una figlia hai cresciuto una leonessa perché il giorno prima della festa della mamma, ti telefonano e ti danno la notizia che ti riporta in vita.
Tua figlia Silvia è libera.
E’ libera e sta venendo da te.
Non sappiamo cosa tu abbia fatto per liberarla ma ci sei riuscita.
E tu svieni per la felicità. Perché la felicità non ha prezzo. E neanche la vita di tua figlia.
Amore mio, non vedo l’ora di stringerti, di baciarti come quando eri piccola e ti curavo una bua. Dio mi ha fatto un regalo grande. Sei viva.
Auguri a questa mamma che festeggia per la seconda volta la nascita di sua figlia
Auguri alle mamme afflitte perché in guerra
A quelle che soffrono per la perdita di un figlio
A quelle che in qualche ospedale del mondo, gioiscono per la guarigione di un figlio
A quelle che stanno dando alla luce un figlio
A quelle che possono tranquillamente goderne l’amore
Auguri a tutte le mamme del mondo.
Stefania Pascali