Tornare alla quotidianità sarà un processo lungo perché questa storia ci ha colpiti ed affondati psicologicamente. Una battaglia navale giocata sulla gente onesta e lavoratrice trattata come pedina per l’ennesima volta, da un sistema che non dà risposte e non dice neanche la verità.
Se mi dicessero che devo tornare a lavoro domani, io non sarei pronta. Inizio a trovare un certo gusto nel restare a casa. Ogni tanto capita che la noia avanzi ma dopo una bella doccia, tutto torna come prima. Vestirsi e improfumarsi aiuta l’umore.
Mi accorgo però di essere diventata lenta e che quando la vita ricomincerà in maniera “normale” partirà tutto in sordina, piano piano con calma.
Sembra un paradosso. Da un alto il desiderio di tornare in strada, fare baldoria, dall’altro una sorta di apatia, una depressione forse fisiologica per quelle persone a cui è stato tolto il lavoro senza che fosse una loro decisione. Rifletto e penso che da un momento all’altro, per un minuscolo virus, si è fermato il mondo. Stava procedendo tutto bene, le cose filavano, era una vita tranquilla. Ma non controlliamo niente. Almeno noi, i poveri della terra. Non so se ci siano complotti dietro, se questa sia stata una sorta di guerra silente voluta e creata a tavolino. Non lo so. So che quando ricominceremo non è detto che torneremo al lavoro di prima, non è detto che sarà facile, non è detto che avremo grinta da vendere. Andrà tutto bene…per chi?
La gente non ha soldi da spendere in cose non necessarie una volta finito il periodo. Mi occupo di cultura, di teatro, di bellezza. Queste non servono a molti. Mi chiedo se potrò tornare ad occuparmene o se tutto quello che abbiamo costruito finora, si sgretolerà come sabbia al vento.
Stefania Pascali