Immediatezza, praticità, improvvisazione, creazione, capacità di tenere la scena ed altre furono le innovazioni del varietà, un genere di spettacolo teatrale di carattere leggero nato alla fine del XIX secolo a Napoli come imitazione del Cafè-chantant francese. In realtà la vera genesi di questo genere è ignota o perlomeno di difficile reperimento. Il varietà affonda infatti le sue radici nello spettacolo popolare (i drammi da feuilletton ma anche le commediole borghesi) e nelle esecuzioni degli artisti circensi, di strada e dei cantanti.
Gli spazi erano sostanzialmente di tre tipi: i teatri di primo ordine, dove vi recitavano soltanto gli artisti di fama riconosciuta; i teatri di secondo o terzo ordine che potevano essere sale da caffè (caffè-concerto) o teatri veri e propri ma molto popolari, ed infine tutti quei locali dove poteva essere allestito alla buona un palco. L’ingresso era a pagamento e il successo di un artista lo decretava solo il pubblico in base al suo gradimento. Se l’artista veniva fischiato questo veniva “segnalato” su quella che poteva essere chiamata “fedina artistica” dell’artista con conseguente perdita di rispetto e prestigio.
Sul versante della recitazione e dell’intrattenimento cabarettistico, si cominciò con numeri a metà fra a canzonetta e il monologo, per passare poi alla macchietta, il cui inventore fu Nicola Maldacea, e che consisteva in una caricatura di “tipi” presi dalla realtà (fu l’inventore della macchietta del Viveur, il bello senza nulla nel cervello), per poi ampliarsi con numeri di balletto, trasformismo ed altri ancora.
La caratterizzazione del personaggio era importantissima: era necessario acquisire sia una riconoscibilità tale da crearsi un nome, sia riuscire a rendersi graditi tramite una tipologia ben definita di personaggio con il quale inventare numeri destinati spesso a modificarsi di sera in sera.

Tra gli artisti più famosi del varietà ricordiamo Totò, Raffaele Viviani, Ettore Petrolini, Gustavo De Marco, tutti creatori di tipi ben definiti, seppur variegati.

Il varietà ha la caratteristica di essere sempre stato all’avanguardia se non nella concezione, almeno in alcuni mezzi espressivi così come nell’azione per e con lo spettatore da parte dell’attore, che utilizzando il pubblico come primo elemento.
Come altri generi teatrali minori, anche il varietà patì la concorrenza di cinema e televisione: scomparso dai teatri per confluire nell’avanspettacolo prima e nella rivista poi, conserva oggi nei varietà televisivi unicamente il nome.

Serena Colecchia

 

Fonte Immagine: Artribune