Nata capitale già nel ‘500, con il Gran Ducato dei Farnese. Cresciuta con i Borbone e trasformata da una donna illuminata, come Maria Luigia, moglie di Napoleone. Città di Verdi e Toscanini, delle cupole trionfo del Correggio e del Battistero in marmo rosa, del Teatro Regio e di una delle più antiche Università al mondo. Patria del prosciutto e del Parmigiano, nominata nel 2015 Città creativa Unesco per la Gastronomia. Dopo Mantova 2016, Pistoia 2017, Palermo 2018 (e Matera 2019 in Europa), con un dossier intitolato La Cultura batte tempo, è Parma la Capitale italiana della cultura 2020, trionfatrice in finale su Agrigento, Bitonto, Casale Monferrato, Macerata, Merano, Nuoro, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e Treviso.

Dal giorno dell’assegnazione del titolo, Parma 2020 è diventata una metafora della rigenerazione sociale che il territorio intende realizzare da oggi al 2030. Sono oltre 400 gli eventi che includono spettacoli, mostre, incontri ma anche aziende aperte e restauri che restituiranno alla città, entro la fine dell’anno, alcuni importanti monumenti, come l’Ospedale Vecchio, complesso che risale al 1300, la chiesa di San Francesco (opera medievale, trasformata in carcere da Napoleone e tale rimasta fino agli anni ’90) e l’ex monastero di San Paolo, che nelle intenzioni ospiterà il museo dell’enogastronomia.

“La cultura definisce il segno distintivo di ogni comunità ed è tutt’altro che una condizione statica, immobile, inerte. Perché si nutre di confronto, si sviluppa nel dialogo e nelle relazioni”. Sono state le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che hanno dato il via, dal Teatro Regio di Parma, uno dei templi della musica italiana, alle iniziative per la nuova città Capitale italiana della Cultura per quest’anno.

A Parma ci ho lasciato un pezzo di cuore. Credo che ognuno abbia alcuni pezzi di sè sparsi in giro per il mondo. Solo che non lo sa. Ecco perchè, a volte, quando ci troviamo in un luogo dove non siamo mai stati prima, ci sentiamo così a nostro agio da avere la sensazione di appartenere a quel posto. Come se, in fondo, fossimo sempre stati lì. E’ così, semplicemente: quello è “uno dei nostri luoghi”. Una delle parti di noi che stavamo cercando. Per questo dobbiamo viaggiare. Per recuperare più pezzi possibili, per “ricostruirci”. Conoscere altri posti, altre tradizioni, altri cieli, altre albe, altri tramonti, altre città, altre vite. Conoscerli. Per riconoscerci.

Tu ci sei stato a Parma? Vorresti andarci per la prima volta o tornarci? Quest’anno è l’occasione perfetta.

Serena Colecchia