Hai ascoltato espressioni, musiche, modi di dire da tuo padre per anni e non hai mai fino in fondo compreso o afferrato cosa significassero davvero, poi un giorno esse ritornano in un contesto diverso, magari ci sono presentate o ripetute da altri e improvvisamente ne capiamo fino in fondo il significato, non quello razionale che è fin troppo esplicito e facile ma quello più profondo e irrazionale che ci viene restituito da una emozione fisica: solitamente un pianto di gioia con il quale si esprime ringraziamento.
“Magnate carne e maccarun, le fuja rape s’adda’ spreca” l’ho sentito centinaia di volte, è l’espressione che meglio sintetizza forse il sentimento popolare sansalvese nel giorno di Carnevale, ultimo giorno per poter festeggiare attraverso il cibo, un cibo ricco come la carne e i maccheroni, poi però verrà la quaresima periodo di magra a base di rape che appunto si sprecano per quanto devono abbondare.
Un canto antico che evoca come la madeleine di Proust sentimenti autentici e non arriva alla testa ma allo stomaco e trasmette potente il messaggio dei nonni. ‘Popolo mio’ è un canto in maschera con interpreti e musici tramandato in una famiglia sansalvese, gli Ialacci, da molte generazioni e della sua origine si favoleggia. Viene rappresentato nel giorno di Carnevale a San Salvo sin dai primi del 1900 ogni 20 anni.
L’edizione 2020 è certamente riuscita a trasmettere l’emozione della festa, ha celebrato il rito goliardico mantenendo fede alle promesse e rinnovato l’impegno a vantaggio di chi verrà.
Se perdiamo le nostre tradizioni, la nostra identità, perdiamo il nostro futuro perché queste definiscono quel che siamo.
E a te piace il carnevale? Hai mai assistito a questa rievocazione carnascialesca per le vie della città? Se non l’hai fatto corri…sei ancora in tempo!