Un guerriero non si vede dalla vittoria ma da come combatte.

Una crisi non si chiamerebbe così se non ti mettesse in difficoltà. In discussione.

E se non ti portasse a farti girare la testa per cambiare.

È un mondo che ci vuole in evoluzione, ci vuole smart, dinamici, multitasking. Ora è il momento di sfoderare le carte. E modificarsi. Girare un attimo l’angolo e prendere un’altra strada.

Finché non si potrà ripartire e ricominciare quello che amiamo e per cui abbiamo studiato.

Una crisi è anche un’opportunità.

Rendiamola tale.

Speriamo che vada bene.

Sì, dobbiamo ricominciare da capo.

Sì, significa rischiare ancora.

Sì, vuol dire fatica.

Ma non mi hanno mai insegnato che la vita era semplice.

È stata lei stessa, più volte a ricordarmi che è una brutta bestia, la vita.

Ma siamo vivi e dobbiamo vivere. I teatri saranno gli ultimi a riaprire. Si sapeva, non serviva nessun virologo per capire che sono luoghi di assembramento. Ci vorrà tempo e allora tutti iniziano a scervellarsi su come poter fare teatro in questo tempo. Io ci penso e ci ripenso, a volte non dormo la notte ma davvero, il modo non l’ho trovato.

Il teatro è contatto. È sudore. È relazione sul palco e fuori dal palco. Il teatro è coccole e incazzature. È lacrime. È grasse risate. È un luogo sacro dove si condivide tutto. Anche il respiro. No, senza dubbio, non si può.

Gli attori famosi hanno scritto una lettera al governo chiedendo di fare teatro in tv. Bellissimo. Bellissimo? Ho i miei dubbi. Il teatro ha tempi diversi, ascolti diversi. Richiede applausi e sensazioni. A parte questo, gli attori famosi hanno pensato solo a loro. Chi si occuperà dei piccoli come noi?

Ma la cultura e l’arte sono fondamentali, senza ci imbrutiremmo. Non è possibile pensare che non si facciano più spettacoli. Allora, qual è il modo? Come si fa?

Fraceschini ne parla. Forse rischiamo di non essere poi così invisibili ed inutili.

Sicuramente servono grandi sforzi per garantire la ripartenza del terzo settore.

Serve che il popolo dei lavoratori dello spettacolo si unisca, che si crei un sindacato.

Qualcuno che ci tuteli. Così finalmente, si potrà essere riconosciuti come lavoratori.

Ma sul serio, non trovo una modalità di poter fare teatro in altra maniera se non in quella classica. E che si fa? Se non si può fare, dico?

Non so. Non ho molte parole. Non ho soluzioni più che altro. E sta a me trovare soluzioni. E questo mi mette ansia.

Non sono molto creativa ora come ora. Ma non c’è, comunque, tempo per piangersi addosso. Dobbiamo passare ai piani B.

Prima o poi si ripartirà in grande. Non adesso. Ma si ricomincerà. Diciamo che adesso siamo in stand-by. Una pausa, lunghetta, per ricaricare le idee. Pensare a qualcosa di parallelo per gridare, alla fine di tutto, un bel Grazie! a questo Virus.

Grazie perché ci hai fatto scoprire alternative.

Grazie perché altrimenti non avremmo mai immaginato piani B e C.

Grazie perché farai valere il motto: Non tutto il male viene per nuocere.

Grazie perché, da una disgrazia, siamo risorti come una Fenice.

Certo, serve tanta determinazione.

Servono attributi.

Serve una scelta.

Ma cos’è la vita se non una continua e costante sfida?

Noi non vogliamo combattere con te, Vita. Sappiamo che non vinceremmo. Noi vogliamo accoglierti e accogliere i tuoi cambiamenti senza ostacolarli. Ci metti alla prova di nuovo.

Va bene. Accettiamo la provocazione.

Siamo pronti a giocare.

Stefania Pascali